STALKING: cosa accade alla vittima e al suo stalker

STALKING: cosa accade alla vittima e al suo stalker

La cronaca nazionale ed internazionale, ogni giorno, affronta – purtroppo – numerosissimi casi di gravi comportamenti violenti e criminali, specialmente a danno delle donne. Non è un mistero che si stia assistendo ad un grande interessamento, da parte del mondo intero, riguardo i temi della tutela della donna e dei crimini di genere che quotidianamente aggiungono vittime ad un conteggio già molto elevato. Tra i reati che sicuramente hanno per vittima il genere femminile rientra anche lo stalking, la cui introduzione, seppur recente, è stata motivata proprio dal tentativo di tutelare con una maggiore efficacia le donne vittime di questo particolare fenomeno, se non in un’ottica preventiva, almeno dal punto di vista di una previsione di legge che assicuri – laddove ne ricorrano i presupposti – una pena a chi pone in essere condotte di stalking. Chiariamo però ad ogni modo un punto determinante: l’incidenza altamente maschile nelle condotte di stalking non comporta che non siano in molti casi anche le donne stesse ad essere stalker, e non vittime di stalking. Vediamo quindi cosa significa stalking, e cosa implica lo stalking, sia per le vittime che per gli autori di reato. 

 

 Stalking: cosa significa

 

 Come noto, dal 2009 [1] è stato introdotto nel nostro codice penale [2] – nel titolo sui delitti contro la libertà morale della persona – il reato di atti persecutori, meglio conosciuto e noto alla collettività come stalking. Questo nuovo reato viene definito in gergo comune stalking, con un efficacissimo utilizzo della terminologia anglo-americana: il verbo «to stalk» in inglese significa infatti, letteralmente, «fare la posta». Con questo reato il legislatore ha voluto porre fine ad un lungo dibattito, degli esperti di diritto che giurisprudenziale, il quale faceva seguito alle istanze di politica criminale ed alle esigenze sociali che da tempo premevano per una regolamentazione in tal senso. Nel contesto contemporaneo, infatti, si avvertiva sempre più forte l’esigenza, derivata all’epoca anche dalle esperienze degli altri stati (europei e non), di garantire una tutela efficace contro una particolare condotta che nel nostro ordinamento non aveva avuto prima una rilevanza autonoma. Perchè si possa parlare di stalking devono tuttavia esserci certi presupposti, e la lesione di determinati beni giuridici.

 

Stalking: condotte di reato e bene giuridico

 

Per parlare di stalking occorre che l’autore di reato, come abbiamo anticipato, faccia la posta alla propria vittima. Si circoscrivono in tal modo una serie di condotte, reiterate nel tempo e di varia natura, ma comunque insistenti e contro la volontà altrui, finalizzate specificamente a creare uno stato di ansia e paura nei confronti di un altro soggetto (nella stragrande maggioranza dei casi un ex partner sentimentale, o l’ex coniuge), tali da causare appunto una persistente situazione di estremo disagio nella vittima, in grado di alterare il normale svolgimento della sua vita quotidiana. Le modalità con le quali si può porre in essere questo reato sono molteplici, dato che le condotte possono andare dai pedinamenti agli inseguimenti, agli appostamemti sul luogo di lavoro, a casa, o nei locali frequentati dalla vittima, per arrivare alle chiamate continue (anche mute) e all’invio costante di messaggi via cellulare, nonchè attraverso internet e i social media. Il bene giuridico tutelato dalla norma è la libertà morale, ovvero la libertà di autodeterminazione dell’individuo, che va ad aggiungersi alla tutela della incolumità individuale: la condotta dello stalker potrebbe infatti anche ledere, una volta realizzatosi in capo alla vittima un grave disagio psichico, il bene costituzionalmente garantito della salute. Si tratta quindi di quello che nel nostro sistema viene qualificato come illecito plurioffensivo, in quanto sono più di uno i beni giuridici che possono essere lesi dalla condotta dell’autore del reato.

 

Stalking: cosa implica per la vittima

 

 Affinchè si possa ritenere sussistente il reato di stalking, occorre verificare che si siano realizzate alcune conseguenze nella vita della vittima, comprendendo quindi cosa ha implicato lo stalking per la persona offesa. Per poter parlare di stalking, infatti, occorre che si siano verificate più condotte, ripetute nel tempo (anche soltanto due), integranti minaccia, molestia, offesa: si tratta quindi di atti persecutori della più diversa natura, che non richiedono peraltro necessariamente la presenza fisica del persecutore nelle vicinanze della vittima o di un suo familiare. Oltre alla natura delle offese, che di loro essendo persecutorie provocano effetti lesivi alla vittima nell’immediatezza del momento, ci devono però essere anche delle ulteriori conseguenze. Per la vittima, infatti, affinchè lo stalking possa considerarsi realizzato, occorre che la persona offesa subisca una di queste tre conseguenze:

 

  • un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
  • un timore fondato per la propria incolumità, o per quella di un familiare e congiunto, al quale sia legata da una relazione di natura affettiva;
  • l’alterazione forzata delle proprie abitudini di vita.

 

 

Stalking: cosa implica per lo/la stalker

 

Il reato di stalking comporta pesanti conseguenze in capo all’agente che ne venga riconosciuto responsabile penalmente. Trattandosi di delitto, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a cinque anni (tranne nei casi in cui il fatto commesso non costituisca un più grave reato). Ci sono inoltre due circostanze aggravanti, che comportano un aumento della pena, rispettivamente fino a un terzo e fino alla metà, se gli atti persecutori sono commessi:

  • dal coniuge in costanza di matrimonio o anche separato e divorziato, oppure da persona attualmente o in passato legata da relazione affettiva alla vittima, o, ancora, attraverso strumenti informatici e telematici;
  • a danno dei soggetti più deboli (quindi minori d’età, donne in stato di gravidanza o persone con disabilità) o con l’uso di armi o da persona travisata, in ragione della particolare pericolosità delle modalità per l’incolumità della vittima e della loro idoneità ad accrescere l’effetto intimidatorio degli atti persecutori compiuti.

Lo stalking inoltre implica per lo stalker anche due ulteriori situazioni: il divieto di avvicinamento e l’ammonimento del questore.

Nel primo caso [3] si tratta di una misura cautelare consistente nel divieto di avvicinamento ai luoghi che sono frequentati dalla persona offesa, o di mantenersi ad una certa distanza da questi luoghi, o dalla vittima stessa. In casi di esigenze di maggior tutela della vittima, il divieto può estendersi ai luoghi frequentati abitualmente anche dai suoi prossimi congiunti, conviventi o in ogni caso a lei legati da una relazione affettiva. È inoltre previsto che il giudice possa vietare all’imputato di comunicare con la vittima di stalking (ed eventualmente, laddove necessario, con gli altri soggetti che abbiamo elencato) attraverso qualsiasi mezzo, con la precisazione che, nei casi in cui sia inevitabile un rapporto fra imputato e vittima (per ragioni di lavoro o esigenze abitative), sarà il giudice stesso a prevedere modi e limitazioni.

Per quanto riguarda infine l’ammonimento del questore [4], si fa riferimento a una procedura preventiva a disposizione della vittima, che può servirsene in alternativa alla presentazione della querela per stalking (il delitto di stalking infatti è un reato procedibile a querela della persona offesa). Attraverso questa procedura, la vittima presenta apposita richiesta al questore di ammonimento verbale, e le autorità di pubblica sicurezza provvederanno a invitare la persona indicata come stalker ad astenersi dal continuare con le condotte persecutorie.    

   

 

Fonte: https://www.laleggepertutti.it/202780_cosa-implica-stalking