Avvocato d’ufficio chi è ? La risposta della Iuris Investigazioni

Avvocato d’ufficio chi è ? La risposta della Iuris Investigazioni

Avvocato d’ufficio chi è ? La risposta della Iuris Investigazioni

Diversamente da ciò che comunemente si crede, soprattutto per via di scene che citano l’avvocato d’ufficio in relazione alle norme negli Stati Uniti, in Italia l’avvocato d’ufficio non è un avvocato per i poveri, ma per chiunque sia coinvolto in un procedimento penale e non abbia nominato un difensore di fiducia.

Il nostro investigatore operativo anche a bari, impegnato in indagini difensive nell’ambito dei processi penali, ci informa che:

  • L’avvocato d’ufficio è un avvocato iscritto all’albo professionale forense e nominato dall’autorità giudiziaria.

  • L’avvocato d’ufficio ha l’obbligo di prestare il suo patrocinio e può essere sostituito solo per giustificati motivi.

  • Le spese della difesa d’ufficio sono a carico dell’imputato, ma se questi ha diritto al patrocinio ha spese dello Stato, sono a carico dello Stato.

Quindi occorre prestare la massima attenzione sul concetto di avvocato d’ufficio, infatti l’elenco degli avvocati d’ufficio e l’elenco degli avvocati ammessi al patrocinio ha spese dello Stato (per i meno abbienti con una dichiarazione dei redditi non superiore ad € 11.493,82) sono due elenchi separati. Non è detto che un avvocato sia iscritto in entrambi gli elenchi.

Il difensore a carico dello Stato

In caso di ammissione al patrocinio ha spese dello Stato, le spese legali sono a carico dello Stato e il difensore non può richiedere alcun compenso al proprio assistito.

Ovviamente i controlli sono severi, anche perché sono molti i fattori che determinano le soglie reddituali minime per poter accedere al gratuito patrocinio, ad esempio si valuta se l’imputato e coniugato, il numero dei membri della famiglia ecc., le complessive condizioni reddituali dichiarate nell’istanza sono oggetto di valutazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le dichiarazioni false o l’omessa comunicazione di eventuali variazioni di reddito che comprometterebbero l’accesso al gratuito patrocinio, oltre che a determinare l’immediata revoca del beneficio, sono punite con la pena della reclusione e con la multa se i redditi effettivi posseduti superino il limite di legge previsto.

La difesa d’ufficio è un obbligo morale e professionale per gli avvocati.

Gli avvocati d’ufficio, infatti, prestano il loro patrocinio a favore di persone che si trovano in una situazione di vulnerabilità.

In questo modo, gli avvocati d’ufficio contribuiscono a garantire a tutti il diritto alla difesa, indipendentemente dalla condizione sociale o economica.

DIRITTO ALLA DIFESA

Il diritto di difesa è un diritto fondamentale dell’individuo, che gli garantisce la possibilità di partecipare attivamente al processo e di difendere i propri diritti e interessi. Anche se può sembrare scontato, non tutte le nazioni del mondo garantiscono questa opportunità ai propri cittadini, quindi bisogna ritenersi molto fortunati, come ci tiene a specificare il nostro investigatore privato.

Il diritto di difesa è garantito dall’ordinamento giuridico italiano che mette a disposizione dell’individuo gli strumenti necessari per esercitarlo. Il processo è l’occasione in cui l’imputato può esercitare il diritto di difesa, presentando le proprie ragioni e contro battendo quelle dell’accusa.

In questo modo, l’individuo può ottenere giustizia e tutelare i propri diritti.

Proprio a supporto della difesa nel processo penale, la nostra agenzia investigativa offre il servizio di indagine difensiva.

Le Indagini Difensive / Indagini Penali è uno dei settori più specialistici nel settore delle Investigazioni Private. L’investigatore privato non sempre viene associato alle indagini difensive, è invece associato, il più delle volte, a indagini su relazioni extraconiugali (tradimenti in pratica), o alle indagini per spionaggio industriale. In realtà le agenzie investigative si occupano di innumerevoli settori, dalle indagini per privati, alle indagini per problematiche relative alla vita aziendale, fino alle indagini penali, ossia relative all’ambito dei processi penali.

Patria potestà in Italia

Patria potestà in Italia

Cosa vuol dire Patria potestà in Italia

In Italia, la patria potestà è il diritto-dovere dei genitori di proteggere, educare e istruire i figli minorenni, curarne gli interessi e rappresentarli legalmente.

La patria potestà è attribuita a entrambi i genitori, anche se non sono sposati. Nel caso di genitori separati o divorziati, la patria potestà può essere esercitata da entrambi i genitori in forma congiunta o disgiunta.

Questo diritto/dovere è estremamente importante in quanto direttamente collegato al benessere dei minori, verso i quali i genitori devono saper ottemperare al meglio il loro ruolo. Infatti la patria potestà si estingue con la morte dei genitori o con la maggiore età del figlio.

I diritti e i doveri dei genitori in materia di patria potestà sono disciplinati dal codice civile italiano, come ci informa il nostro investigatore privato a Conversano, impegnato in tutta la provincia di Bari in indagini che coinvolgono proprio i minori nell’ambito di problematiche sociali quali: il bullismo, la microcriminalità, le baby gang ecc…

Patria Potestà

In particolare, l’articolo 316 del codice civile prevede che i genitori hanno il dovere e il diritto di mantenere, istruire ed educare i figli. I genitori hanno inoltre il diritto di rappresentarli legalmente in tutti gli atti civili, amministrativi e giudiziari.

La patria potestà è un diritto-dovere fondamentale dei genitori, che ha lo scopo di garantire il benessere e lo sviluppo dei figli minorenni.

Articolo 316 del codice civile

Responsabilità genitoriale

Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più’ idonei.

Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unita’ familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta a entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

La patria potestà in Italia è stata riformata nel 1975, con la legge n. 151, che ha equiparato in doveri e dignità le figure del padre e della madre. La riforma ha inoltre introdotto il principio del superiore interesse del minore, che deve essere sempre tutelato nell’esercizio della patria potestà.

Alcuni esempi di diritti e doveri dei genitori in materia di patria potestà sono i seguenti:

  • Diritto di mantenere i figli: i genitori hanno il dovere di provvedere al sostentamento materiale dei figli, fornendo loro vitto, alloggio, vestiario, cure mediche e istruzione.
  • Diritto di istruire i figli: i genitori hanno il dovere di provvedere all’istruzione dei figli, iscrivendoli a scuola e seguendone il percorso scolastico.
  • Diritto di educare i figli: i genitori hanno il dovere di educare i figli, trasmettendo loro i valori e le conoscenze necessarie per diventare adulti responsabili.
  • Diritto di rappresentare i figli legalmente: i genitori hanno il diritto di rappresentare i figli legalmente in tutti gli atti civili, amministrativi e giudiziari.

I genitori inoltre possono esercitare la patria potestà in forma congiunta (entrambi i genitori devono prendere le decisioni importanti che riguardano i figli. Di comune accordo e nel rispetto del superiore interesse del minore.) O disgiunta (ciascun genitore può esercitare i propri diritti e doveri in modo autonomo. L’altro genitore deve essere informato delle decisioni che vengono prese).

Ad esempio, nel caso di genitori separati o divorziati, la patria potestà può essere esercitata in forma congiunta o disgiunta in relazione alle specifiche imposizioni da parte del giudice.

Un minore può sposarsi?

Un minore può sposarsi?

Un giovane minorenne può davvero sposarsi?

Un minore può sposarsi?: in realtà si, il matrimonio di ragazzi minorenni è consentito dall’ordinamento giuridico italiano a determinate condizioni, come ci informa il nostro investigatore privato a Molfetta che, ha seguito di un indagine per controllo minori ha potuto seguire l’evoluzione di una storia d’amore fino al matrimonio di due diciassettenni del luogo.

Il minore emancipato in Italia

Il minore emancipato, secondo l’ordinamento giuridico italiano, è un soggetto minorenne con un’età maggiore ai 16 anni che non è più soggetto alla potestà dei genitori. L’emancipazione può riguardare solo il minore almeno sedicenne e solo in caso di matrimonio di quest’ultimo, qualora acconsentito.

L’emancipazione del minore è un atto disciplinato all’art.84 del Codice Civile che stabilisce quanto segue:

Art. 84. Eta’

Il tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psicofisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni.

Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.

Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d’appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.

La corte d’appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.

Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo.

Il minore che ha compiuto 16 anni e che è stato autorizzato dal tribunale a contrarre matrimonio, quindi, ha la capacità di compiere alcuni atti legali senza il consenso dei genitori o del tutore, ossia gli atti di ordinaria amministrazione come pagare le bollette, aprire un conto corrente, comprare beni di consumo ecc… In parole povere il minore emancipato può compiere in autonomia quelle azioni che non modificano sostanzialmente il suo patrimonio, mentre per quanto riguarda gli atti di straordinaria amministrazione, come ad esempio vendere o acquistare un immobile, il minore emancipato ha comunque bisogno dell’assistenza del curatore e dell’autorizzazione del giudice tutelare.

A tal proposito possiamo affermare che il minore emancipato acquisisce una limitata capacità di agire, poiché appunto limitata agli atti di ordinaria amministrazione come sopra spiegato.

Un minore può sposarsi?: La capacità di agire

Non bisogna confondere la capacità giuridica, di cui è dotato naturalmente ogni cittadino, con la capacità di agire.

La capacità giuridica e la capacità di agire sono due concetti diversi, ma entrambi necessari per la piena realizzazione della personalità giuridica del soggetto.

La capacità giuridica rende l’individuo titolare di diritti e doveri all’interno dell’ordinamento giuridico. Questa facoltà si ottiene al momento della nascita e non si perde mai, salvo con la morte. La capacità di agire, invece, è l’attitudine a compiere validamente atti giuridici, cioè a esercitare i propri diritti e ad assumere obblighi. Essa si acquista al compimento della maggiore età, che è fissata a 18 anni in Italia, salvo eccezioni previste dalla legge.
La capacità di agire può essere limitata o esclusa in alcuni casi, come per esempio per l’interdizione o l’inabilitazione, quando il soggetto non ha la capacità di intendere e di volere.

Coltello in tasca: la dimensione non conta

Coltello in tasca: la dimensione non conta

Implicazioni del possesso di un coltello

Coltello in tasca: se pensate che portare un coltello in giro possa essere lecito o meno in relazione alla lunghezza della lama, vi sbagliate di grosso, in questo caso la dimensione non conta per davvero.
Sul delicato argomento chiediamo lumi al nostro investigatore privato a Barletta, sempre aggiornato sugli ultimi sviluppi della giurisprudenza in materia di difesa personale e porto d’armi.

Sulla possibilità di girovagare come se nulla fosse con un coltellino in tasca, indipendentemente dall’obiettivo che vi siete predisposti nel momento in cui avete deciso di occultare un’arma, bisogna sfatare numerosi luoghi comuni.
La maggior parte delle persone ritiene che sia lecito trasportare un coltello di piccole dimensioni (solitamente dotato di una lama non superiore a “4 dita”, ossia circa 7 cm) mentre sarebbe illegale trasportare lame con una lunghezza superiore a quanto precedentemente indicato.

Ovviamente questa credenza è considerabile al pari di una qualsiasi leggenda metropolitana, ciò in quanto nella realtà non conta la dimensione del coltello o la lunghezza della sua lama, bensì l’uso che se ne fa e la giustificazione addotta all’eventuale richiesta di chiarimenti da parte delle forze dell’ordine, in caso di controllo.

Coltello in tasca cosa di rischia

Occorre essere consapevoli del fatto che per quanto riguarda spade affilatecoltelli a doppia lama o con apertura a scatto è richiesto il porto d’armi per possesso e trasporto, mentre ne è assolutamente proibito il porto (non è possibile andarsene a spasso con una Katana affilata o un pugnale legato alle caviglie in stile Rambo).

Invece i coltelli (lama su un solo lato) o le spade non affilate sono considerati armi improprie: è possibile il porto purché ci sia un giustificato motivo, ad esempio è possibile trasportare una spada di questo tipo se ci si sta recando a una rievocazione storica autorizzata oppure in una palestra e quindi per uso sportivo.

Il classico coltello in tasca automatico, così come concepito normalmente dal popolo, è in realtà un coltello a serramanico (con lama che può essere liberata con un meccanismo automatico di apertura, azionabile con una sola mano), e secondo la giurisprudenza è sempre vietato portare con se un simile strumento, che integrerebbe il reato di porto ingiustificato di oggetti atti a offendere.

Invece per quanto riguarda coltelli a serramanico ma non automatici il discorso è un po’ diverso.

Il coltello a serramanico con lama pieghevole (quelli dotati di meccanismo di apertura azionabile con manovra manuale, tramite l’utilizzo di due mani e lo sblocco di una sicura) è qualificabile come arma impropria, il cui scopo di fabbrica non è certo l’offesa alla persona. Quindi è possibile il porto fuori dalla propria abitazione di questa tipologia di strumento sempre che vi sia un giustificato motivo.

Rientrano in quest’ultima categoria i famosi coltellini svizzeri, giusto per fare un esempio.

Quale potrebbe essere il giustificato motivo?

Dipende da diversi fattori, ad esempio la giustificazione potrebbe decadere nel caso venisse fermato un individuo già noto alle forze dell’ordine, quindi pregiudicato, in possesso di un coltello a serramanico non automatico.
Il sospetto che tale soggetto possa utilizzare l’arnese per scopi illecita supera cioè la giustificazione eventualmente fornita.

Giusto per fare un po’ di chiarezza, affinché sia considerato arma impropria (quindi trasportabile previo il requisito del giustificato motivo), un coltello deve avere la lama su un solo lato e non su entrambi, come ad esempio:

  • coltelli da cucina;
  • coltelli da intarsio o per il fai-da-te;
  • taglierini da cartoleria;
  • coltellino svizzero o simile.

Il nostro consiglio? Evitate ogni rischio e non portate con voi coltelli di nessun tipo.

Bullismo: un suicidio a Foggia

Bullismo: un suicidio a Foggia

Bullismo: un suicidio a Foggia

Bullismo a Foggia: più volte abbiamo trattato temi legati al bullismo e alla violenza fisica e/o psichica che le vittime subiscono per colpa dei loro aguzzini, spesso vittime a loro volta di un contesto socioculturale assente, incapace di “curare” i mali sociali alla base della trasformazione di semplici ragazzi e ragazze in carnefici.

Il nostro investigatore privato a Foggia ci conferma che “i tempi sono bui”, che tra i ragazzi, anche giovanissimi, la violenza sembra essere diventata la normalità, qualcosa con la quale convivere a prescindere se si è parte attiva o passiva del processo.
Anche se il più delle volte il bullismo non raggiunge livelli di violenza tali da compromettere per sempre ed in modo irreparabile le vite delle parti (bulli e vittime del bullismo), non di rado sfocia in atti di violenza estrema come l’omicidio (volontario o colposo) o il suicidio.

Il suicidio a Foggia

L’esempio più immediato di quanto sopra riportato possiamo leggerlo sulle pagine de “LA REPUBBLICA” che in un articolo pubblicato in data giugno 2022 titola “Si suicidò perché perseguitato dai bulli”: cinque ventenni rinviati a giudizio a Foggia”, lasciando poco stazio al dubbio.

La vittima aveva solo 29 anni all’epoca dei fatti e fu trovato morto sui binari, schiacciato dal peso un treno. A quanto si apprende dalla cronaca, il ragazzo era vittima di bullismo e poche ore prima aveva subito il furto del cellulare da parte dei suoi vessatori, quindi era piombato in un profondo stato di sconforto temeva che potessero essere diffusi alcuni video personali contenuti al suo interno.

Si può morire a soli 29 anni per colpa della stupidità e dell’arroganza di qualcuno che, in un paese civile e in un contesto sociale sano, sarebbe stato individuato e curato a tempo debito?

Purtroppo si, succede e non solo per bullismo a foggia, succede continuamente e spesso nell’indifferenza generale.

Per quanto riguarda il caso sopra descritto, tralasciando i dettagli che potrete reperire facilmente sul quotidiano precedentemente citato, sono state rinviate a giudizio nell’udienza preliminare del processo cinque ragazzi di età compresa tra i 21 e i 24 anni, con l’accusa di atti persecutori aggravati, cyberbullismotruffa e diffamazione.

Cosa è il bullismo?

Il bullismo è una forma di violenza che coinvolge molti bambini e adolescenti nei contesti scolastici e sociali. Si tratta di un comportamento aggressivo, intenzionale e ripetuto, che mira a danneggiare fisicamente o psicologicamente una persona o un gruppo di persone percepite come più deboli o vulnerabili. Il bullismo può assumere diverse forme, come il bullismo fisico, verbale, psicologico od online (cyberbullismo).

Il fenomeno del bullismo provoca impatti devastanti sia sulle vittime che sugli aggressori, influendo negativamente su diversi aspetti della loro vita. Le vittime spesso sperimentano una serie di problemi psicologici, come la diminuzione dell’autostima, l’insorgere di ansia e depressione, il ritiro sociale, e la comparsa di disturbi del sonno e dell’alimentazione. Questi effetti possono estendersi anche al contesto accademico, con difficoltà scolastiche che possono compromettere il rendimento degli studenti. In situazioni estreme, il bullismo può portare a pensieri suicidi, rappresentando una minaccia seria per il benessere emotivo delle vittime.

D’altro canto, gli aggressori non sono immuni dalle conseguenze delle loro azioni. Essi possono essere soggetti a sanzioni disciplinari, legali o penali, a seconda della gravità delle loro condotte. Queste conseguenze legali possono avere impatti significativi sulla loro vita futura. Inoltre, gli aggressori possono manifestare problemi nelle relazioni interpersonali, mostrando comportamenti antisociali, violenti o addirittura criminali. Queste difficoltà relazionali possono isolare ulteriormente gli aggressori dalla società e contribuire a un ciclo distruttivo di comportamenti dannosi.